 IL LIBRO. Lorenzo, un quattordicenne non  integrato, molto introverso, dicendo una bugia ai suoi si barrica in  cantina per una settimana. Olivia, bionda, riccia, occhi grigi, “una  regina di un mondo medievale”, improvvisamente infrange la solitudine  del fratellastro. Mentre Lorenzo è una mosca tra le vespe, uno che  preferirebbe essere un gabbiano per essere lasciato in pace, Olivia è  una ventitreenne carismatica con molti problemi con il padre e con la  droga. Ammaniti, attraverso l’avvicendarsi di questi opposti, crea uno  squarcio realistico sulla vita adolescenziale che, seppur incarnato da  personaggi riconducibili a stereotipi televisivi, e in parte letterari,  ben rappresenta il disagio giovanile, le complicate relazioni familiari e  interpersonali, i rapporti di forza. Ma le problematiche di Lorenzo,  vengono presto oscurate da quelle della sorella, largamente più  drammatiche e prioritarie: mentre a Lorenzo può bastare rifugiarsi in  cantina, ad Olivia servono soldi, una famiglia, l’intervento di uno  specialista, ed ecco che si ritrova presto a duellare per la sua vita.  Una vita sventrata profondamente dall’eroina, un corpo dilaniato, una  fugace bellezza ormai spenta, che casualmente si ritrovano a convivere  con il disagio del fratello, la sua perenne inadeguatezza, il suo  eccessivo riserbo. Seppure all’inizio non la accolga affatto  calorosamente, Lorenzo la cura e la accudisce con premure mai assaporate  prima, piange impaurito per lei, esce dalla sicurezza del suo bunker  improvvisato per trovarle le medicine, e fa la cosa che odia di più:  ballare. Balla con lei, si sente vivo, e sa che avrebbe potuto fare ciò  che mai aveva fatto: parlare tranquillamente con gli altri, ed essere se  stesso (“potevo cambiare i mobili della mia stanza”).  In questo modo  Olivia diventa il motore della storia, la proiezione materiale delle  necessità del protagonista, o addirittura si identifica con questo e,  con la sua forza travolgente e la sua straziante situazione, innesca i  meccanismi di crescita nel quattordicenne che, in solo una settimana,  inizia il lungo tragitto verso l’età adulta. Matura nel disagio, nella  sofferenza, nel tormento, come le creature di Dostoevskij, ma mentre il  russo le scaraventa nel reale, Ammaniti dona loro un cantuccio creato su  misura, le inserisce in un piccolo universo in cui la realtà viene  simulata, e talvolta anche immaginata. In questa situazione, la crescita  spirituale travolge solamente Lorenzo; la sorella lo saluta in un  momento commovente, lievemente doloroso, di una tragicità ben lontana  dal colpo di scena finale. Lo scrittore accorda il violino, ma  l’unico e vero musicista è il lettore, che viene sequestrato e rinchiuso  nella stessa cantina del romanzo. E c’è un solo modo per pagare il  riscatto: finire la lettura, aprire la porta, lasciarsi accecare dalla  luce, respirare aria pulita; e farsi immancabilmente schiacciare  dall’angoscia massacrante della cruda realtà. Queste vicende quotidiane e  ordinarie, e al tempo stesso nuove e antiche, sono affrontate con una  prosa scarna, essenziale, naturale, spesso tagliente per la sua  amarezza, che fa di Ammaniti un vivisezionatore di anime.
IL LIBRO. Lorenzo, un quattordicenne non  integrato, molto introverso, dicendo una bugia ai suoi si barrica in  cantina per una settimana. Olivia, bionda, riccia, occhi grigi, “una  regina di un mondo medievale”, improvvisamente infrange la solitudine  del fratellastro. Mentre Lorenzo è una mosca tra le vespe, uno che  preferirebbe essere un gabbiano per essere lasciato in pace, Olivia è  una ventitreenne carismatica con molti problemi con il padre e con la  droga. Ammaniti, attraverso l’avvicendarsi di questi opposti, crea uno  squarcio realistico sulla vita adolescenziale che, seppur incarnato da  personaggi riconducibili a stereotipi televisivi, e in parte letterari,  ben rappresenta il disagio giovanile, le complicate relazioni familiari e  interpersonali, i rapporti di forza. Ma le problematiche di Lorenzo,  vengono presto oscurate da quelle della sorella, largamente più  drammatiche e prioritarie: mentre a Lorenzo può bastare rifugiarsi in  cantina, ad Olivia servono soldi, una famiglia, l’intervento di uno  specialista, ed ecco che si ritrova presto a duellare per la sua vita.  Una vita sventrata profondamente dall’eroina, un corpo dilaniato, una  fugace bellezza ormai spenta, che casualmente si ritrovano a convivere  con il disagio del fratello, la sua perenne inadeguatezza, il suo  eccessivo riserbo. Seppure all’inizio non la accolga affatto  calorosamente, Lorenzo la cura e la accudisce con premure mai assaporate  prima, piange impaurito per lei, esce dalla sicurezza del suo bunker  improvvisato per trovarle le medicine, e fa la cosa che odia di più:  ballare. Balla con lei, si sente vivo, e sa che avrebbe potuto fare ciò  che mai aveva fatto: parlare tranquillamente con gli altri, ed essere se  stesso (“potevo cambiare i mobili della mia stanza”).  In questo modo  Olivia diventa il motore della storia, la proiezione materiale delle  necessità del protagonista, o addirittura si identifica con questo e,  con la sua forza travolgente e la sua straziante situazione, innesca i  meccanismi di crescita nel quattordicenne che, in solo una settimana,  inizia il lungo tragitto verso l’età adulta. Matura nel disagio, nella  sofferenza, nel tormento, come le creature di Dostoevskij, ma mentre il  russo le scaraventa nel reale, Ammaniti dona loro un cantuccio creato su  misura, le inserisce in un piccolo universo in cui la realtà viene  simulata, e talvolta anche immaginata. In questa situazione, la crescita  spirituale travolge solamente Lorenzo; la sorella lo saluta in un  momento commovente, lievemente doloroso, di una tragicità ben lontana  dal colpo di scena finale. Lo scrittore accorda il violino, ma  l’unico e vero musicista è il lettore, che viene sequestrato e rinchiuso  nella stessa cantina del romanzo. E c’è un solo modo per pagare il  riscatto: finire la lettura, aprire la porta, lasciarsi accecare dalla  luce, respirare aria pulita; e farsi immancabilmente schiacciare  dall’angoscia massacrante della cruda realtà. Queste vicende quotidiane e  ordinarie, e al tempo stesso nuove e antiche, sono affrontate con una  prosa scarna, essenziale, naturale, spesso tagliente per la sua  amarezza, che fa di Ammaniti un vivisezionatore di anime.
Niccolò Ammaniti, Io e te, Einaudi, Torino 2010, pp. 122
LA CITAZIONE. “Ho spento il telefono, ho cancellato mia madre della testa, mi sono buttato sul letto, mi sono messso le cuffie e ho giocato a Soul Reaver”.
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY).Curiosa l’idea di una bugia innocente ke porta a scoprire una parte di sé:cantina,solitudine,droga,buio,flash.Poi…tt cambia.Per non fidarsi più delle piscine.
IL PERSONAGGIO. Olivia, ventitreenne, tossica. Piomba su Lorenzo come una meteora seminando poco più che disordine. Avvolgente, irruente, sfacciata, ruvida, catapulta il fratello tra i vicoli scuri di una drammatica esistenza. L’adolescenza è un periodo di passaggio, il punto più impetuoso da guadare; Olivia è per Lorenzo la moneta da rendere al traghettatore. Volto sofferto, vissuto, è il coraggio di vivere la morte per fuggire la realtà: stupida coerenza di una scelta disperata. Adesso è un ricordo-amuleto. (Niccolò Ammaniti, Io e te, Einaudi 2010)
a cura del Liceo Classico Sperimentale Bertrand Russell, Roma

 
		  


