IL LIBRO. Come un ritratto antico di famiglia, una foto scattata tempo fa è tenuta stretta avidamente nella mano, quasi per non far scappare quel passato che sembra ancora così vicino. Una catena fatta di legami di parentela, di rapporti, e in cui l’unico anello mancante è proprio la mano. Così Valeria Parrella ci guida alla scoperta lenta e graduale di quelle dita, che sembrano appartenere a un personaggio presente, ma poco coinvolto, parte di quella famiglia, la cui storia ancora non porta la sua firma. Solo al momento giusto possiamo conoscerne e afferrarne ogni aspetto, vederla entrare nel ritratto e acquistare sempre più un ruolo cardine.
Clelia è una narratrice d’eccezione, non solo della sua esistenza, ma anche di quella della sua famiglia, che, dopo tante generazioni, lascia ancora un profondo solco in lei. Ogni personaggio, con il suo trascorso e il suo bagaglio culturale, combacia con l’altro, come i pezzi di un puzzle, ciascuno non solo alla ricerca di quello, ma soprattutto di se stesso. Una capo famiglia particolare, la nonna Franca, tiene le redini di una lunga discendenza che si dispiega fino ai giorni nostri sullo sfondo di una Napoli che l’ha adottata. Ed è proprio questa città, il teatro della vita di Lucia, Claudio, Alessandro, Gianni, Stefano e tutte le personalità che il lettore incontra e finisce per conoscere dagli occhi di Clelia. Questa si rivela una donna forte e decisa, impegnata nella difesa dei suoi diritti, schierata con il partito comunista a cui da sempre la sua famiglia era stata legata e che, come un gene, ha nel suo DNA. Non altrettanto forte e decisa è nei rapporti interpersonali: tra una relazione lunga e un amante lontano, si trova a quarant’anni ancora sola, alla perenne ricerca di un punto d’appoggio e di una sicurezza che nel passato risiedeva nella famiglia e che, con il raggiungimento dell’autonomia e della maturità, ha voluto veder svanire. Unico appiglio che non la fa precipitare è la passione per il teatro, al quale si dedica con tutta se stessa, nel ruolo di sceneggiatrice, regista, direttrice artistica del teatro regionale più importante d’Europa dopo Edimburgo. Forse il teatro è ancora una volta una reminiscenza di quella nonna Franca dal cognome Checov, così direttamente collegato al mondo in cui Clelia poteva essere invisibile, rimanere nell’ombra.
Proprio al fine di permettere alla protagonista di guardare con occhio critico il suo immediato passato ma anche per poter valutare il presente, risulta essere fondamentale nel corso del romanzo, così come nella vita reale, l’alternarsi di sentimenti opposti, il connubio tra buio e luce. Buio e luce la nonna, Franca, affezionata alle sue candele, causato dall’arrivo dell’elettricità nelle case nei primi anni del 1900. Buio e luce che coinvolge gli attori sul palcoscenico e gli spettatori in platea e che scandisce il ritmo e l’atmosfera della recitazione. Buio, luce, Clelia. (Valeria Parrella, Lettera di dimissioni, Einaudi 2011).
LA CITAZIONE. «Io chiusa al centro davanti allo specchio fisso, e le quinte attorno che si richiamavano l’una con le altre senza che io potessi contarmi quante volte, sempre più verdognola negli strati del vetro, nel riverbero dell’argento, quante volte fossi, ero, sarei stata. E chi».
IL PERSONAGGIO. Clelia è Napoli. La Napoli di viuzze strette e impervie: labirinto di emozioni; Napoli è Clelia. Il suo sorriso sincero, pago, disincantato dalla moneta, s’annega in un’immensità di sogni e ricordi riscoprendo il senso dell’onestà. Clelia è donna, donna alla ricerca di sé, della storia, della famiglia, dell’arte, del vero nella realtà. Realtà di cui si rende partecipe-artefice; contrasta la supremazia del guadagno sul sentimento. Cade. Caos calmo delle passioni, Clelia è ragione e sentimento.
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Tt ok, famiglia giusta, normale, bel lavoro, zio figo come Bolle, nnt da chiedere, lei, direttrice di teatro, vuoi mettere? Invece…GAME OVER.
a cura del Liceo Russell, Roma