Umberto Eco, IL NOME DELLA ROSA

IL LIBRO. Agli inizi del 1300, Guglielmo da Baskerville, monaco francescano, viene inviato, insieme al suo discepolo benedettino Adso, come mediatore da parte dell’imperatore presso un’abbazia del nord Italia, dove è previsto un incontro tra i rappresentanti dell’ordine monastico Francescano e del clero romano per discutere di una possibile riconciliazione. Una volta giunto, riceve dall’abate l’ulteriore incarico di indagare sulla misteriosa morte di un confratello. Sarà proprio Adso a raccontare in prima persona, dopo decenni la  storia di quei giorni. Già da subito si trovano coinvolti in un susseguirsi di delitti che sono tutti collegati alla biblioteca e a un manoscritto segreto introvabile. Durante i sette giorni della loro permanenza, Guglielmo ed Adso con vari espedienti, giungeranno alla verità, portando alla luce il torbido passato di alcuni monaci del convento legati a Fra Dolcino.

Il nome della rosa è un romanzo di difficile collocazione, per la varietà dei temi trattati tramite i numerosi excursus che compaiono nel testo. A una prima lettura si può parlare di un ”giallo storico”, ma ad una analisi più attenta si possono intravedere anche i caratteri di un ”romanzo di formazione”; infatti Adso grazie alle esperienze che vive nel monastero matura il suo carattere che lo rende sempre meno simile ad un ragazzo e sempre più simile ad un uomo. Una parte importante del romanzo è occupata dalle digressioni che spaziano da argomenti filosofici a descrizioni approfondite dei vari tipi di eresie che allora sussistevano nell’Europa cristiana. Queste ampie divagazioni aggiungono al romanzo una sfumatura saggistica che nonostante rallenti la narrazione, la mantiene fluida. Questi excursus suddividono le varie sequenze narrative e, nonostante siano ricchi di dettagli che possono sembrare superflui per un romanzo, in realtà contribuiscono alla narrazione introducendo e permettendo di comprendere in maniera migliore il seguito del racconto. In alcuni casi queste digressioni preparano il lettore alla successiva deduzione di Guglielmo riguardo alla sua indagine. Altro tema importante del libro è il desiderio di conoscere la verità: sia come ricerca dell’assassino sia in senso più ampio riguardo ai contenuti del libro introvabile. Proprio intorno a questo aspetto sono incentrate le discussioni filosofiche fra Guglielmo e Jorge che incarnano due modi di pensare differenti: il primo, nonostante i tempi, è più aperto, quasi rinascimentale, mentre il pensiero del secondo è ancora legato all’ideologia medievale. Per Jorge infatti esiste solamente una verità assoluta e indiscutibile perché pervenutaci da grandi menti del passato e quindi già affermata nei secoli. Per Guglielmo invece, la verità non è un qualcosa di certo ma il risultato di un percorso che ogni uomo deve fare per raggiungere ciò che ritiene essere vero. Per questo motivo quindi la realtà intellegibile non può essere accettata senza condizioni ma deve essere dimostrata da prove conseguite con il ragionamento diventando così un qualcosa a misura di ogni singolo individuo. Si scoprirà essere Jorge ad aver nascosto il libro; il manoscritto segreto è infatti una delle poche copie rimaste del secondo libro della poetica di Aristotele, dove si parla del riso e della commedia. Il monaco riteneva infatti il riso un qualcosa di diabolico che avvicinava la plebe alle tentazioni e allontanava i monaci dal desiderio di santità. Guglielmo però si oppone a questo, non ritenendo giusto sacrificare il bene comune e la cultura di fronte ad un’opinione personale. (Umberto Eco, Il nome della rosa, Bompiani 1980).

LA CITAZIONE. «Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti e quindi è morto. Questa biblioteca è nata forse per salvare i libri che contiene, ma ora vive per seppellirli. Per questo è diventata fonte di empietà».

IL PERSONAGGIO. Frate Guglielmo è presentato dal novizio Adso come un uomo alto e magro, con gli occhi penetranti, il naso affilato e un po’ adunco, caratteristiche che ne delineavano l’astuzia e la sagacia. Dal libro emerge come ogni verità va trovata e ricercata, nessuno la possiede; Guglielmo riesce in ciò grazie al suo metodo di investigazione, la sua capacità deduttiva e alla sua forza di dimostrare un’ idea che egli persegue anche contro il pensiero dominante (quello medievale).

S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Due frati, Guglielmo e Adso, devono risolvere il mistero di 5 omicidi nell’arco di 7 giorni, avvenuti in un’abbazia. È un libro avvincente e ricco di colpi di scena.

a cura del Liceo classico Giulio Cesare, Roma

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