IL LIBRO. L’orchestra suona, seguendo vibrante i gesti del suo direttore; lo spartito è già scritto, la musica non cambia, ci sarà il diminuendo, il crescendo, e infine lo smorzando. Ma l’orchestra segue il suo direttore, che sembra plasmare la musica tra le sue mani, non oggettiva, non trascendente, pura vita che nasce nel pentagramma. Il nome dell’orchestra è ”Rinascimento privato”, lo spartito è la Storia, e il direttore è la nostra Maria Bellonci, raffinata personalità femminile della letteratura novecentesca italiana. E non a caso l’ispiratrice di questa sinfonia è una donna, Isabella d’Este, protagonista incontrastata di quasi cinquant’anni della politica italiana ed europea del Rinascimento. La storia si svolge tra le sontuose corti del ‘500, che la Bellonci ricostruisce con l’accuratezza di uno studio approfondito e particolareggiato e con l’uso di un linguaggio moderno e allo stesso tempo impregnato di quel tempo. Isabella si districa tra le vicende della politica italiana, così infida e mutevole, titaneggiata dai due giganti stranieri, il re di Francia e l’Imperatore tedesco, intenzionati a spartirsi la penisola, insensibili alle vicende dei piccoli stati in cui è divisa, ed è compito della marchesa di Mantova lottare per non essere schiacciati dalle due potenze, per mantenere la stirpe dei Gonzaga al potere. Dall’altra parte la marchesana si trova ad affrontare il complesso rapporto con il figlio Federico, che le viene sottratto dalla Boschetta, una manipolatrice senza scrupoli che lo fa invaghire al punto da spingerlo a tradire la sua stessa madre. Ma per Maria Bellonci la Storia non è sufficiente; ecco dunque la comparsa di un personaggio, “l’anglico” Robert de la Pole, inventato dall’autrice, che, spinto da un sentimento che lui stesso ha paura di riconoscere, scrive dodici lettere ad Isabella nell’arco di trentadue anni. Nelle sue lettere, che mai ricevono risposta, sono racchiusi tutto l’amore e l’ammirazione che l’inglese, e la Bellonci stessa, non hanno potuto esprimere alla marchesana, troppo distante da loro nel tempo o nello spazio. Questo è esattamente ciò che rappresenta la Stanza degli Orologi: un ambiente al di fuori dei confini del cronotopo, dove ogni orologio ha il suo ritmo, in cui passato, presente, e futuro non esistono più, lasciando posto al flusso di pensieri ed emozioni che connette l’autrice a Isabella. E’ qui infatti che quest’ultima ripercorre la sua vita insieme al lettore, quasi rispolverando un vecchio album fotografico per mostrare a noi, viaggiatori nel tempo, le cose che furono, ma in una maniera molto più ravvicinata ed intima rispetto a quella a cui siamo abituati. (Maria Bellonci, Rinascimento privato, Mondadori 1985).
LA CITAZIONE. « Ma siete voi quando guardate da un luogo segreto della vostra anima».
IL PERSONAGGIO. Robert de La Pole nasce dall’inaspettato incontro di Maria Bellonci con André Desjardins, prete canadese, ammiratore della scrittrice “tenuto sempre lontano per una misteriosa ragione […] Doveva entrare nel libro”. Robert, diplomatico inglese, scandisce il tempo della storia con le sue lettere dove, con appassionata irruenza e sincerità, cerca di instaurare un legame con Isabella, informandola su fatti a lei sconosciuti, con una voglia di osare leggibile tra le fitte e gremite righe delle missive.
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Dodici lettere. Nessuna risposta. Un amore che, come il rintocco di un orologio, scandisce il tempo. Passione. Fedeltà. Segreti. Tutto racchiuso in una stanza senza confini.
a cura del Liceo scientifico A. Pacinotti, Cagliari
Maria Bellonci, in un secolo moderno, ricostruisce una tappa della storia attraverso una parte di se stessa, Isabella. Due menti fuse, due cuori che esprimono i sentimenti privati dal tempo, si incontrano tra le righe del “Rinascimento privato” e, come un’armoniosa melodia, accarezzano le foglie degli alberi che si perdono nella nebbia, che, come un sipario mobile, scorre sul lago della Mantova dei Gonzaga. Qui, bellissima e intoccabile, Isabella d’Este contava gli attimi del tempo che passava, lì, da sola, circondata dagli orologi che a battiti discordanti ritornavano nella sua memoria. Un rapporto intimo e delicato con ogni secondo trascorso, ma le storie del suo passato ritornavano nella sua mente e fra tutto ciò che sapeva, ricordava e sentiva, c’erano loro, le lettere, lasciate nello studiolo. Scritte dal britannico Robert de la Pole, le lettere erano gli occhi dell’ecclesiastico che ardevano alla bellezza della marchesana e il cuore di lui che la sfiorava. Lettere senza risposta, ma lo stesso silenzio gli parlava, mentre le righe delle lettere raccontavano a Isabella il labirinto politico che dominava la penisola e l’intero Vecchio Continente. Lei, con grande abilità e determinazione, lottò per il suo amore: la famiglia, Mantova e il Rinascimento.
Lo trovo moderno e raffinato. L’eleganza e l’equilibrio rinascimentale sono deliziosamente interpretati. Le parole della Bellonci si materializzano nei gesti di questi giovani.
Complimenti.