IL LIBRO. Un barcone, una madre, una vita perduta. Una bambina, un velo, il deserto ed un’identità strappata. In mezzo, il mare. Racconto di una fuga, di una lotta, di un traguardo raggiunto e di un altro mai sfiorato. Presente e passato, promessa e ricordo, mare e deserto, che sembrano una sola cosa: stessa calma e poi tempesta. Come l’anima. Come la vita. Un instant novel su una guerra, su due madri e due figli: due storie che sembrano lontane, ma che si ritrovano in un “naufragio”, dietro due pannelli differenti, quello della vita e quello della morte. Stesso carnefice, stesse vittime. Farid è un bimbo libico che non sa il mare, con amica una gazzella, che porta negli occhi la sua stessa paura. La guerra lo costringe a fuggire su una barca e, per la prima volta, conosce il mare: terribile, omerico, come un animale senza testa che, nella pagina più bella del romanzo in cui carità e durezza si rincorrono, lo vede spirare tra le braccia della giovane madre, Jamila, che si fa carico da sola di quel figlio che vuole salvare. Poi c’è Vito, che osserva lo stesso mare, ma da una prospettiva diversa. E’ un ragazzo siciliano che non sa “stare”: è la cenere del suo Ground Zero. Sempre alle prese con sé stesso ed indeciso, la sua vita, confusa di futuro, resta un mistero. Ha una madre, Angelina, che lo ama anche con l’ultima delle sue viscere, un tempo costretta a scappare da Tripoli e dai sogni. Dentro si porta entrambi i mondi: ma, inerme e disperata, vede andare via quel figlio, che è tutto il mondo, perché amare è anche lasciare andare. La fuga ed il mare sono le uniche salvezze, un mare che unisce i due lembi di tempo delle vite di entrambi i protagonisti e che sarà, poi, morte per uno, vita per l’altro. Le grandi eroine sono le madri, piene di forza e di Sud: Jamila, moderna Ecuba, col suo coraggio lotta invano per il suo bimbo, che quasi vorrebbe rimettersi in grembo per proteggerlo; Angelina, araba di nascita, strappata alle sue radici, che sa “tornare”, ma con un tarlo nel cuore, Alì, il sogno di un amore, l’amore di un sogno. Come in una sinfonia, i due “movimenti” procedono insieme, sebbene lungo binari distanti nel tempo, immersi in una fisicità terrigna che si fa spirito, con l’odore degli spari ed il sapore buono dei datteri, in cui tutti gli spazi, esterni ed interni, diventano simbolo. Il ritmo è incalzante, veloce, come quello di un cuore in affanno. I protagonisti corrono sempre: contro il vento, contro il deserto, contro il dolore che vuole invaderli; si muovono, proprio come le parole sempre “in fuga”. La paratassi, martellante e liturgica, inchioda sequenze narrative ed introspettive, con pennellate descrittive di rara icasticità. L’affabulazione si compie attraverso una scrittura monella, visiva ed intensamente blues, che sa di corpo: si sente un fiotto che scoppia, una piena che arriva all’improvviso, che viene dal ventre e dal cuore. C’è la gioia violenta della parola, che spesso nasce dal doloroso confronto con l’ignoto, come per un rabdomante la ricerca l’acqua. A tratti sanguinante ed aggressivo, il romanzo incontra i grandi temi della vita, con l’urgenza di comunicare qualcosa, di spingere a riflettere su ciò che siamo e su ciò che vorremmo essere, mentre navighiamo nel mare sconosciuto di noi stessi. La fine non lascia speranza alcuna per il futuro, che verrà per sempre consumato nella violenza per creare, paradossalmente, la libertà: un lutto ed una nascita perché ogni vera gioia ha una paura dentro. (Margaret Mazzantini, Mare al mattino, Einaudi 2011).
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Si fugge,si ritorna;si muore,si prova a vivere.Mare e deserto:intorno e interno,esilio ed asilo.Quel ke perdi nn ti xdona. Rami e radici,viscere di madri.
LA CITAZIONE. «Nessuna gioia, solo un macabro trofeo che sporca i vivi. La memoria è calce sui marciapiedi del sangue».
IL PERSONAGGIO. Angelina è una bimba araba ed una donna italiana, con dentro il mare. Strappata alle sue origini ed a Tripoli, decide di tornare per riprendersi la sua vita e riplasmarla, ma la vita non è la cera color silenzio dell’infanzia. Moderna Antigone, è anima ribelle: sfida la vita e le piace farsi stremare dal mare e dal sogno di un amore che non può ritrovare. Un figlio è la sua vita: non sa lasciarlo, ma lo vede andar via, inerme e disperata. Voleva che trovasse un posto, magari quello che era stato il suo.
a cura del Liceo classico Lombardi, Airola (BN)
Questo è il racconto di una dura realtà che ancora oggi è presente in molti paesi del mondo e che distrugge il futuro e la vita di tantissime persone.
Attraverso questa meravigliosa storia ho ascoltato i passi rapidi e pesanti di due famiglie straziate; ho visto l’amore di cui è capace una madre; ho notato l’assenza inesorabile, invece, di un padre; sono riuscita a carpire quei raggi di sole che rendevano tutto più difficile; ho reso mia la nostalgia che riesce a provare una persona strappata brutalmente dalla propria terra. In mezzo a tutto questo c’erano il mare ed il deserto, fusi in un’unica devastante tempesta. Un romanzo che sembrava non lasciar trapelare alcuna speranza, proprio come se non ci fosse abbastanza tempo poiché era necessario correre per raggiungere un obbiettivo più grande di ogni essere umano: la libertà. Dopo questa incessante maratona, dopo aver scavato a fondo nel passato ed aver capito che è davvero cambiato tutto, è assolutamente inevitabile che arrivi quella tanto attesa ricompensa.
Ho finito questo libro col fiato sospeso e con i brividi lungo la pelle. Impossibile ritornare a casa immutati, dopo un viaggio così!