IL LIBRO. Il freddo dell’inverno persiste, penetra le ossa, paralizza. Questo sole di maggio che si allarga nel cielo, quest’atto di coraggio, è troppo debole per averla vinta contro il freddo; non farà finire l’inverno, non brucia abbastanza. Questa la metafora con cui l’autrice ci delinea il contesto socio-politico dell’Italia attuale. Attraverso la commovente vicenda di Emma e Andrea ci presenta infatti, con un’originale struttura narrativa, un romanzo di forte denuncia sociale. Introducendo la vicenda in medias res, ne sviluppa l’intreccio con un gioco di continue digressioni, che contribuiscono ad amalgamare i vari filoni narrativi. Ed ecco Emma, che «ha scommesso su un cavallo lontano 900 chilometri da casa» ed ha vinto, a quanto pare. Seppur laureata in lettere classiche, ha accettato infatti una supplenza annuale come insegnante di sostegno. La vediamo dunque in partenza da Napoli, accompagnata da un vento gelido, che da Roma è sceso prima verso il sud, congelando soldi e coprendo la voce dei maestri licenziati che ha fatto scappare al nord. Inizialmente timorosa e spaurita in una città che le è estranea, Torino, le è affidato il caso di Andrea, un ragazzo autistico che avrà tanto da insegnarle. Al suo fianco combatterà una battaglia personale che s’intreccerà a quella sociale e riuscirà ad opporsi al vento, in nome di una scuola che deve essere pubblica, laica, indipendente, gratuita e pacifica. Prenderà coscienza del fatto che un individuo non è la sua difficoltà, che un insegnante non è quello che insegna, che le cose possono cambiare. Esprimerà tutto ciò tramite un sottile gioco di metafore e antitesi. Ecco dunque come il disagio che i ragazzi disabili si trovano a vivere si configura come un lutto, il lutto di un bambino ideale, che i genitori faticano ad elaborare e le paure dei protagonisti, le affezioni della società come serpenti che soffocano, tolgono il respiro. Il tutto sullo sfondo di un’Italia in cui nord e sud appaiono ancora due poli contrapposti, ma entrambi esposti al vento, a quella crisi che sta congelando l’intero paese, isolandolo. Eppure non tutto è ancora perduto. Quest’ordine-disordine può essere scardinato, rivoltato, abbattuto, l’iguana lo sa. L’iguana non vuole una scuola che emargini il diverso, una società di vittime e carnefici, non vuole che ci privino del nostro futuro, l’iguana li mangerà. Divorerà tutti i serpenti, diffonderà la giustizia. Quel tiepido sole ora si accende, brucia; quelli che prima erano oppressi ora reagiscono, si alzano, vincono. (Giusi Marchetta, L’iguana non vuole, Rizzoli 2011)
LA CITAZIONE. «Forse c’è un imperativo naturale che va oltre l’adattati o muori e che è basato sulla fuga. Scappa quando le cose si mettono male. Torna a casa tua e restaci. Solo per un po’, ovviamente, finché non ricomincia a far male di nuovo: allora riparti. Se è il nettare il problema, bisogna copiare l’ape e passare da un fiore all’altro, il più in fretta possibile. Una flessibilità sostenibile. Una felice instabilità».
IL PERSONAGGIO. Andrea è un ragazzo disabile, ma è questa diversità che lo rende speciale. Nei suoi comportamenti, si evidenzia l’esasperante e indomabile desiderio di cambiamento, rinnovamento della triste e ingiusta realtà che lo circonda. Tuttavia basta dire l’iguana non vuole e lui si ferma, ma poi, alla fine, l’iguana veramente non vuole? A quale violenza si opporrà, alla sua o a quella che subisce costantemente? Andrea crede nell’iguana, ha bisogno di questa. Infatti è necessario che esista sempre una speranza di miglioramento, un qualcosa che concretizzi il suo ed il nostro bisogno di giustizia.
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Un libro da leggere con attenzione per non perdere, tra flashback e metafore, gli spunti per una profonda riflessione.Consigliato!
a cura del Liceo classico Plauto, Roma