IL LIBRO. Non é possibile fare un’analisi oggettiva dei fatti narrati nel romanzo poiché essi sono visti attraverso gli occhi del protagonista-narratore in una prospettiva completamente soggettiva. Ciò che emerge maggiormente sono le sue angosce, le sue giustificazioni che ricorrono ossessivamente, alimentate dal ricordo della donna uccisa.
Il protagonista di questo romanzo è un tenente italiano che si trova in Etiopia per la colonizzazione fascista. Durante un congedo mentre percorre un sentiero nella boscaglia incontra una bella etiope che si sta lavando nuda in uno stagno; la attrae a sé e vinta la sua resistenza la sottomette al suo desiderio di un rapporto sessuale. Dopo l’abuso i due si coricano in una spelonca, durante la notte il tenente, credendo di venire attaccato da un animale spara un colpo di rivoltella che però viene deviato da un masso e colpisce la donna. L’evento casuale lo getta nello sconforto: non sa come agire in quel momento, teme il giudizio altrui, ma al contempo vorrebbe soccorrere la donna; allora fa cessare la sua agonia colpendola a morte. Da qui inizia il dramma psicologico del protagonista, ossessionato dalla paura di essere scoperto e impegnato a sminuire la propria responsabilità e il proprio senso di colpa.
Non è la giustificazione morale del delitto di un Raskol’nikov, il protagonista di Delitto e Castigo di Dostoevskij, teso a realizzare una giustizia sociale spesso negata. Il delitto del tenente è un atto insignificante, compiuto per egoismo e nel contempo per quel senso di superiorità del conquistatore che opera in uno spazio e in un tempo in cui il limite morale è stato sospeso. C’è una guerra, ci sono tanti morti; uno più uno meno che differenza fa?
Eppure la guerra non si sente nel romanzo, ci sono però gli effetti che essa produce nell’animo umano: la degradazione agli istinti primordiali e agli egoismi, i pregiudizi di una presunta superiorità della civiltà che giustificano i soprusi e il dominio su una Natura primitiva e incomprensibile.
La vicenda si svolge in un’atmosfera senza tempo, ribadita all’interno del romanzo da alcune metafore come l’orologio rotto del tenente. Il tempo costituisce, insieme agli omicidi, il filo conduttore del romanzo come ci suggerisce il titolo stesso. Spesso il tempo sembra sospeso, sempre uguale, scandito dalla natura e non dall’uomo, scalfito dai rovelli della coscienza e non dai fatti esterni.
Attraverso il susseguirsi delle vicende tese ad occultare quel primo delitto, si delinea un ritratto solo psicologico del protagonista. Egli può essere identificato come un antieroe, un inetto, tanto che il lettore capisce che per quanto egli voglia discolparsi e mostrarsi provato dall’accaduto, in realtà non ne è toccato minimamente se non nelle conseguenze che potrebbero danneggiarlo.
Ciò che stupisce é il finale, in cui l’autodenuncia che sembra riscattare il personaggio si dimostra vana poiché egli non dovrà scontare i suoi errori. Tale conclusione viene stigmatizzata dallo stesso Flaiano con uno dei suoi amati e ironici aforismi: «Il prossimo è troppo occupato con i propri delitti per accorgersi dei nostri». Solo per questo siamo giustificati? Solo perché gli altri non se ne accorgono, qualcosa non è mai avvenuto? Allora dobbiamo dimenticare? Possiamo dimenticare? Questo è l’interrogativo che Flaiano lascia alla coscienza di ognuno. Il tormento del protagonista può essere una pena sufficiente per la sua colpa? Forse Flaiano vuole dirci che quando è “tempo di uccidere” siamo tutti colpevoli, nessuno escluso. (Ennio Flaiano, Tempo di uccidere, Longanesi 1947)
LA CITAZIONE. «Il prossimo è troppo occupato con i propri delitti per accorgersi dei nostri»
IL PERSONAGGIO. Mariam, l’etiope giovane e bella, dal “sorriso di una timidezza non ancora perduta” non è altro che l’Africa stessa che viene plagiata senza neanche difendersi, travolta dalla follia del conquistatore che abusa di lei e poi la uccide. Questa creatura misteriosa diventa la protagonista inconsapevole prima di un’avventura insolita, poi degli incubi del suo uccisore, tormentato dalla paura di essere scoperto più che dai sensi di colpa; ma alla fine il colonizzatore resterà impunito solo perché nessuno l’ha denunciato.
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Il tempo che incalza, il tempo che non basterà, il tempo dei rimorsi, delle giustificazioni per un incidente che diventa un omicidio da nascondere.
a cura del Liceo scientifico Francesco d’Assisi, Roma